Nell’Occidente cristiano pochi pii esercizi sono tanto amati quanto la Via Crucis. Essa rinvia con memore affetto al tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: da quando egli e i suoi discepoli, «dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli ulivi» (Mc 14, 26), fino a quando il Signore fu condotto al «luogo del Golgota» (Mc 15, 26), fu crocifisso e sepolto in un sepolcro nuovo, scavato nel-la roccia di un giardino vicino. L’ultimo tratto del cammino della vita di Gesù è indicibilmente duro e doloroso. Gli evangelisti hanno indugiato nella descrizione della Via Crucis che il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo percorse per il suo amore verso il Padre e verso i figli degli uomini. Ogni passo di Gesù è momento di avvicinamento al compimento del disegno salvifico: all’ora del perdono universale (cf. Lc 23, 34), della ferita del Cuore - apertura di inesauribile sorgente di grazia - (cf. Gv 19, 34), dell’immolazione del vero Agnello pasquale, al quale non è spezzato alcun osso (cf. Gv 19, 36), del dono della Madre (cf. Gv 19, 26-27)… Perché ogni sofferenza di Gesù è seme di gioia futura per l’umanità, e ogni scherno è premessa di gloria. Ogni incontro di Gesù su quella via di dolore - con amici, con nemici, con indifferenti ... - è occasione per un insegnamento prezioso, per un ultimo sguardo, per una estrema offerta di riconciliazione e di pace. La Chiesa ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore. Memoria affettuosa, se pure dolorosa del tratto che Gesù percorse dal Monte degli ulivi al Monte Calvario. La Chiesa infatti sa che in ogni episodio accaduto durante quel cammino si cela un mistero di grazia, è racchiuso un gesto di amore per lei. La Chiesa è con-sapevole che nell’Eucaristia il suo Signore le ha lasciato la memoria sacramentale, oggettiva, del Corpo spezzato e del Sangue versato sulla cima del Golgota. Ma essa ama anche la memoria storica dei luoghi dove Cristo ha sofferto, le vie e le pietre bagnate dal suo sudore e dal suo sangue.
La Chiesa di Gerusalemme manifestò molto presto la sua attenzione per i «luoghi santi». Reperti archeologici attestano l’esistenza di espressioni di culto cristiano, già nel secolo II, nell’area cimiteriale dove era stato scavato il sepolcro di Cristo. Gerusalemme è la città della Via Crucis storica. Essa sola ha questo grande tragico privilegio. Lungo il Medio Evo il fascino dei «luoghi santi» suscita il desiderio di riprodurli nella propria terra: alcuni pellegrini, al ritorno da Gerusalemme, li riproducono nelle loro città. La Via Crucis, nella sua forma attuale, con le stesse quattordici sta-zioni disposte nello stesso ordine, è attestata in Spagna nella prima metà del secolo XVII, soprattutto in ambienti francescani. Dalla penisola iberica essa passò prima in Sardegna, allora sotto il dominio della corona spagnola, e poi nella penisola italica. Qui incontrò un convinto ed efficace propagatore in San Leonardo da Porto Maurizio (+ 1751), frate minore, in-stancabile missionario; egli costruì personalmente oltre 572 Via Crucis, delle quali è rimasta famosa quella nel Colosseo, su richiesta di Benedetto XIV, il 27 di-cembre 1750, a ricordo di quell’Anno Santo.
Ogni anno, dal Venerdì Santo del 1965, il Santo Padre, la sera del Venerdì Santo, si reca al Colosseo per compiere, insieme con migliaia di pellegrini giunti da tutto il mondo, il pio esercizio della Via Crucis. Dal 1991 il Santo Padre al Venerdì Santo usa la cosiddetta Via Crucis Biblica, che, mantenendo lo schema delle 14 stazioni, aiuta le persone a compiere un cammino guidate dai momenti più importanti della Passio-ne, che si trovano presenti nei Vangeli.
Infatti nella Via Crucis biblica non figurano le sta-zioni che non hanno un riferimento biblico, quali le tre cadute del Signore (III, V, VII), l’incontro di Gesù con la Madre (IV) e con la Veronica (VI). Sono presenti in-vece stazioni quali l’agonia di Gesù nell’orto degli ulivi (I), l’iniquo giudizio di Pilato (V), la promessa del paradiso al Buon Ladrone (XI), la presenza della Madre e del Discepolo presso la Croce (XIII). Si tratta, come si vede, di episodi di grande portata salvifica e di rilevante significato teologico nel dramma della passione di Cristo: dramma sempre attuale al quale ognuno, consapevolmente o inconsapevolmente, prende parte. La Via Crucis biblica mette in luce il tragico gioco dei personaggi, la lotta tra luce e tenebre, tra la verità e la menzogna che essi incarnano. Ognuno di loro prende parte al mistero della Passione schierandosi pro o contro Gesù, «segno di contraddizione» (Lc 2, 34), in modo che risulti manifesto il loro pensiero più nascosto e profondo nei confronti di Cristo. Partecipando alla Via Crucis, ogni discepolo di Gesù è chiamato a riaffermare la propria adesione al Maestro: piangere il proprio peccato come Pietro; o aprirsi, come il Buon Ladrone, alla fede in Gesù, Messia sofferente; o, infine, restare presso la Croce di Gesù, come la Madre e il discepolo, e lì accogliere con essi la Parola che salva, il Sangue che purifica, lo Spirito che dà la vita.

don Vinicio
 
Esci Home