Omelia III di Pasqua Domenica 26 aprile 2020
Omelia III di Pasqua Domenica 26 aprile 2020
Le domeniche che seguono la celebrazione della Pasqua vogliono aiutarci, nell'intenzione della liturgia, a interiorizzare questo mistero, il più grande della nostra fede, a permettere che la ricchezza dei misteri celebrati nel Triduo Pasquale trovi accoglienza nel nostro cuore e conversione di vita.
Anche quest’anno, anche se non abbiamo vissuto in assemblea la Pasqua, l’azione dello Spirito Santo scaturita dai misteri pasquali ci raggiunge lì dove siamo, e vuole portare abbondanti frutti nella nostra vita.
Protagonista del Vangelo di oggi è Giovanni il Battista. È lui che vede Gesù avvicinarsi e lo riconosce con il titolo di “Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”.
Giovanni è colui che sa riconoscere Gesù, come “colui che viene prima, colui che battezza nello Spirito Santo, il Figlio di Dio”. Giovanni ha avuto occhi, cuore, mente per riconoscere Gesù come l’inviato di Dio. Ha allenato il suo sguardo, ha custodito il suo cuore, ha coltivato la sua mente per arrivare a proclamare che quell'uomo non era uno qualsiasi ma proprio l’atteso dalle genti, il messia.
Penso alla nostra vita, al nostro cammino di vita cristiana e mi chiedo se riusciamo ad avere lo stesso sguardo di Giovanni il Battista che sa riconoscere Gesù nelle vicende dell’oggi, che vede la sua presenza, la sua azione nella storia grazie al suo Spirito. Sappiamo riconoscere Gesù Cristo? O i nostri occhi sono troppo attratti da altre immagini, video, e i nostri cuori si lasciano distogliere facilmente e si lasciano prendere da tante altre cose, e la nostra mente magari arriva a giudicare inutile, superata la ricerca di Gesù?
Giovanni ci insegna a riconoscere Gesù e ad indicarlo agli altri. Ad esserne testimoni. La condizione di epidemia che ci ha colpiti è anche occasione propizia per trovare momenti in cui personalmente riflettere e dirci: “Alla fine ci chi salva?”, e non solo salvarsi la pelle dal virus ma salvarsi la vita nel suo insieme e allora la risposta, nella fede, arriva e ripercorre la storia di Gesù, il Salvatore, colui che muore sì ma risorge grazie alla forza dell’amore di Dio.
Il tempo presente nella sua drammaticità di tante vite che si sono spente, nella distanza dai cari, nella paura del contagio, è occasione per ritrovare nella fede la risorsa e la risposta a tante domande sul senso della vita, del soffrire e del morire. È vero come dice un Salmo che “nella prosperità l’uomo non intende”; quando stiamo bene, in termini di salute, di lavoro, di affetti, a volte non ci poniamo troppe di queste domande, la vita scorre liscia e ci sembra di andare avanti sempre sotto un cielo senza nuvole. Le prove della vita, e questa che ci è data da vivere è una di queste, sono realtà dure ma se affrontate con lo spirito giusto ci fanno uscire davvero migliori di come siamo entrati.
Giovanni Battista, per tornare alla pagina di Vangelo di oggi è stato uno che è stato segnato dalla vita, nella ricerca dell’essenzialità anche del mangiare e del vestirsi, è stato uno che si è allenato a riconoscere l’avvento del Figlio di Dio fino al coraggio di morire per la verità e la giustizia.
La sua testimonianza di vita sia per noi un tesoro a cui attingere perché la nostra fede cresca e ci aiuti a pensare alla ripartenza con occhi, cuore e mente rinnovati dalla Pasqua di Cristo.