Omelia nella II domenica di Pasqua Domenica 19 aprile 2020
Omelia nella II domenica di Pasqua Domenica 19 aprile 2020
Il nostro Vescovo nell’augurio di Pasqua di domenica scorsa era partito dal Vangelo di questa domenica per assimilare in un certo modo la nostra condizione di emergenza e di chiusura nelle nostre case a quella dei discepoli. Così ci aveva scritto: “Quella sera, il primo giorno della settimana, le porte erano chiuse per timore dei giudei. I discepoli stavano dentro intimoriti, ma Gesù risorto si presenta, sta in mezzo a loro, mostra le ferite e i discepoli esultano riconoscendo Gesù. La casa si riempie di gioia, non perché il contesto intorno sia favorevole, non perché le speranze, le attese siano facilmente prevedibili, ma perché Gesù risorto sta in mezzo a loro”.
Chiusi come siamo nelle nostre case, vogliamo come i discepoli allora accogliere nelle nostre famiglie e soprattutto nel nostro cuore la presenza di Gesù risorto perché porti quella novità di vita che è innanzitutto il suo essere con noi, il suo stare in mezzo a noi.
Gesù che appare da risorto ai suoi discepoli mostra un assoluto rispetto. Non li rimprovera per i rinnegamenti, per le fughe nell’ora della sua Passione, per non essere stati coraggiosi e fedeli. È davvero un segno d’amore il modo in cui Gesù si approccia da Risorto ai suoi discepoli. Avremmo fatto anche noi così? Non avremmo forse rinfacciato le cose per come si sono svolte e chiesto spiegazioni, preteso delle scuse per non essere stati capaci di stare nell’ora della prova?
Invece Gesù in quella casa sbarrata, dove manca un po’ l’aria, dove ci si sente stretti, si rende amabile ancora una volta e disponibile all’incontro. Le prime parole non sono parole di rammarico o peggio di rimprovero ma di pace: “Pace a voi”. E di fiducia nella missione che Lui Gesù vuole affidare ai suoi: “Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi”.
Gesù sembra dire ai suoi discepoli e a noi: “Sia pace nei vostri cuori, dentro di voi, pace sulle vostre paure, suoi vostri sensi di colpa, suoi sogni non raggiunti, sulle insoddisfazioni che rendono meno belli i giorni che passano”. La pace che vuole raggiungere i nostri cuori in questo tempo. La pace che da dono di Dio diventa anche un compito, una missione da vivere che ha il nome di perdono.
Perdono ricevuto e donato. Ci sono dati che attestano un aumento delle liti nelle case in queste settimane. La convivenza prolungata favorisce sì la crescita di affetti e il consolidamento delle relazioni, ma può trasformarsi in convivenza conflittuale. La presenza continua dell’altro mi infastidisce, ogni gesto diventa inopportuno, ogni parola invadente. E allora non ci si sopporta più, non si hanno energie spirituali per perdonare e si innescano le liti.
Gesù come prima parola da risorto ci lascia quella della pace e dello Spirito che perdona.
Nel Vangelo è riportato anche l’episodio di Tommaso. Lui non si era accontentato delle parole degli altri apostoli che gli avevano riferito dell’apparizione in sua assenza. Tommaso non si accontenta di un racconto ma vuole un incontro con il suo Signore.
Prendiamo anche noi in positivo questo atteggiamento di Tommaso, non fermiamoci solo a pensare che Tommaso non aveva creduto subito. Tommaso desidera vedere, incontrare il suo Signore. Dialogare con lui, entrare in un contato vivo e vero. Dovrebbe essere questo il desiderio di ogni cristiano. Cercare di vedere Gesù, con tutte le forze con tutto se stessi.
Anche in questo episodio possiamo constatare tutta la disponibilità di Gesù; invece di rimproverare Tommaso per la sua incredulità, Gesù si propone, invece di ritirarsi Gesù si espone alle mani di Tommaso: “Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”. Il Vangelo non dice poi se effettivamente Tommaso abbia toccato le ferite. Di sicuro gli è bastato vedere Gesù che si è proposto ancora, con umiltà, non avendo paura di mostrare le sue ferite.
E infine la parola di Gesù per noi, che ascoltiamo senza vedere e toccare con mano i segni della passione del Signore: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Gesù ci vuole educare alla libertà, a essere liberi dai segni esteriori, a credere senza pretendere di vedere e toccare con mano. Questo è il nostro cammino cristiano nella consapevolezza che Gesù risorto è in mezzo a noi.