Cari fratelli e sorelle!

Il 29 ottobre 2023 si è conclusa la prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ci ha permesso di approfondire la sinodalità intesa come vocazione originaria della Chiesa. «La sinodalità si presenta principalmente come cammino congiunto del Popolo di Dio e come dialogo fecondo di carismi e ministeri a servizio dell’avvento del Regno» (Relazione di Sintesi, Introduzione).

L’accento posto sulla sua dimensione sinodale permette alla Chiesa di riscoprire la propria natura itinerante, di popolo di Dio in cammino nella storia, peregrinante, diremmo “migrante” verso il Regno dei cieli (cfr Lumen gentium, 49). Viene spontaneo il riferimento alla narrazione biblica dell’Esodo, che presenta il popolo d’Israele in cammino verso la terra promessa: un lungo viaggio dalla schiavitù alla libertà che prefigura quello della Chiesa verso l’incontro finale con il Signore.

Allo stesso modo, è possibile vedere nei migranti del nostro tempo, come in quelli di ogni epoca, un’immagine viva del popolo di Dio in cammino verso la patria eterna. I loro viaggi di speranza ci ricordano che «la nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo» (Fil 3,20).

Le due immagini – quella dell’esodo biblico e quella dei migranti – presentano diverse analogie. Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo. Come gli ebrei nel deserto, i migranti trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione.

Ma la realtà fondamentale dell’esodo, di ogni esodo, è che Dio precede e accompagna il cammino del suo popolo e di tutti i suoi figli di ogni tempo e luogo. La presenza di Dio in mezzo al popolo è una certezza della storia della salvezza: «Il Signore, tuo Dio, cammina con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà» (Dt 31,6). Per il popolo uscito dall’Egitto tale presenza si manifesta in forme diverse: una colonna di nube e di fuoco indica e illumina la via (cfr Es 13,21); la tenda del convegno, che custodisce l’arca dell’alleanza, rende tangibile la vicinanza di Dio (cfr Es 33,7); l’asta con il serpente di bronzo assicura la protezione divina (cfr Nm 21,8-9); la manna e l’acqua (cfr Es 16-17) sono i doni di Dio al popolo affamato e assetato. La tenda è una forma di presenza particolarmente cara al Signore. Durante il regno di Davide, Dio rifiuta di essere rinchiuso in un tempio per continuare ad abitare in una tenda e così poter camminare con il suo popolo, «da una tenda all’altra e da una dimora all’altra» (1 Cr 17,5).

Molti migranti fanno esperienza del Dio compagno di viaggio, guida e ancora di salvezza. A Lui si affidano prima di partire e a Lui ricorrono nelle situazioni di bisogno. In Lui cercano consolazione nei momenti di sconforto. Grazie a Lui, ci sono buoni samaritani lungo la via. A Lui, nella preghiera, confidano le loro speranze. Quante bibbie, vangeli, libri di preghiere e rosari accompagnano i migranti nei loro viaggi attraverso i deserti, i fiumi e i mari e i confini di ogni continente!

Dio non solo cammina con il suo popolo, ma anche nel suo popolo, nel senso che si identifica con gli uomini e le donne in cammino attraverso la storia – in particolare con gli ultimi, i poveri, gli emarginati –, come prolungando il mistero dell’Incarnazione.

Per questo, l’incontro con il migrante, come con ogni fratello e sorella che è nel bisogno, «è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito» (Omelia nella Messa con i partecipanti all’Incontro “Liberi dalla paura”, Sacrofano, 15 febbraio 2019). Il giudizio finale narrato da Matteo al capitolo 25 del suo Vangelo non lascia dubbi: «ero straniero e mi avete accolto» (v. 35); e ancora «in verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40). Allora ogni incontro, lungo il cammino, rappresenta un’occasione per incontrare il Signore; ed è un’occasione carica di salvezza, perché nella sorella o nel fratello bisognoso del nostro aiuto è presente Gesù. In questo senso, i poveri ci salvano, perché ci permettono di incontrare il volto del Signore (cfr Messaggio per la III Giornata Mondiale dei Poveri, 17 novembre 2019).

Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata dedicata ai migranti e ai rifugiati, uniamoci in preghiera per tutti coloro che hanno dovuto abbandonare la loro terra in cerca di condizioni di vita degne. Sentiamoci in cammino insieme a loro, facciamo “sinodo” insieme, e affidiamoli tutti, come pure la prossima Assemblea sinodale, «all’intercessione della Beata Vergine Maria, segno di sicura speranza e di consolazione nel cammino del Popolo fedele di Dio» (Relazione di Sintesi, Per proseguire il cammino).

Preghiera
Dio, Padre onnipotente,
noi siamo la tua Chiesa pellegrina
in cammino verso il Regno dei Cieli.
Abitiamo ognuno nella sua patria,
ma come fossimo stranieri.
Ogni regione straniera è la nostra patria,
eppure ogni patria per noi è terra straniera.
Viviamo sulla terra,
ma abbiamo la nostra cittadinanza in cielo.
Non permettere che diventiamo padroni
di quella porzione del mondo
che ci hai donato come dimora temporanea.
Aiutaci a non smettere mai di camminare,
assieme ai nostri fratelli e sorelle migranti,
verso la dimora eterna che tu ci hai preparato.
Apri i nostri occhi e il nostro cuore
affinché ogni incontro con chi è nel bisogno,
diventi un incontro con Gesù, tuo Figlio e nostro Signore.
Amen.


Francesco

 
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